sabato 3 febbraio 2007

Lucian Freud

Lucian Freud nasce a Berlino l’8 dicembre 1922 da genitori ebrei. Suo padre, Ernst Freud, figlio minore di Sigmund, è architetto, mentre la madre, Lucie è figlia di un mercante di cereali. Prima pessimo studente, poi cattivo soldato, quindi ignoto e poi notissimo pittore, vivendo molto a lungo nel quartiere di Paddington, assolutamente “out”, e progressivamente abbandonato da gran parte dei suoi abitanti. Si è sempre tenuto ai margini del mondo dei lustrini, quasi non scrive, raramente partecipa a galà, come se si trovasse fuori dal suo ambiente naturale. E osservate anche i suoi quadri, ad esempio, il suo “John Deakin”, il ritratto di un ladruncolo di Paddington dal viso contorto, o “Sera nello Studio” dove accanto a un cane (che spesso troviamo nelle sue opere) ritrae una delle sue modelle preferite, Sue Tilley, una anonima impiegata pubblica decisamente sgraziata. Perfino quando sceglie un VIP, come ad esempio Kate Moss (il quadro è stato appena aggiudicato in asta per circa 5 milioni di Euro), scegli delle pose e delle situazioni insolite e infatti la famosa modella non appare né bella né in forma per via della gravidanza e per via della postura innaturale..
Lo stesso percorso pittorico di Freud denota la sua sostanziale solitudine nel panorama inglese: certo era legato affettivamente ai grandi Bacon e Hopper che influenzò e dai quali venne influenzato, ma scelse comunque di rimanere in ambito spiccatamente figurativo, senza nessuna inclinazione per l’astrazione che è assolutamente imperante (“il pittore che si limita alla pura astrazione, si priva della possibilità di provocare qualcosa in più di un’emozione estetica”). I suoi punti di riferimento, da buon figlio della Germania che fu, sono i grandi pittori del passato, a partire dai ritrattisti olandesi come Frans Hals e poi giù fino a Watteau, Corot e Cezanne; e proprio per conoscere a fondo i lavori di questi maestri, si recava in visita nei musei di mezza Europa e vi trascorreva lunghe giornate, un
po’ come era uso nella Germania ottocentesca e novecentesca. Come quei grandi del passato, produce quadri con una lentezza che diventa quasi esasperante per i suoi modelli, tanto è vero che per dipingere lo splendido “Grande Interno” ha impiegato più di due anni. E sempre con una tecnica davvero sopraffina, che colpirà anche coloro che non amano l’arte contemporanea, e che lo pone casomai vicino ad altri due mostri sacri viventi dell’arte tedesca del secondo novecento, Gerhard Richter e Anselm Kiefer.
Ma le radici mittel-europee di Lucian, il suo essere un Freud a tutti gli effetti, le percepiamo appieno nella sua “ossessione per il soggetto… [che] deve rivelare tutto se stesso in modo che si possa selezionare cosa ritrarne”. Così nei suoi quadri (specie dai primi anni ’60 fino ad oggi) trasferisce tutta la personalità dei suoi soggetti, dopo averla studiata a lungo, seguendo un approccio molto vicino ai filosofi esistenzialisti e ai pittori espressionisti tedeschi poi caduti vittima dei nazisti. Il ritratto di Elisabetta II che tanto scandalo creò in Inghilterra e che invece trasmette tutte le ansie e le incertezze della regina, che ha prima assistito allo sgretolamento del suo impero e che adesso vede persino a rischio il futuro della monarchia. O, per rimanere nello stesso, ambito, guardate “The Brigadier”in cui Parker Bowles è sì ritratto nella posa di grande uomo d’arme d’altri tempi, ma con un’espressione che trasmette tutto l’amarezza di quest’uomo che appare adesso come un intralcio nella sfolgorante storia d’amore della sua ex-moglie con il principe Carlo, mentre ne è stato vittima fin dall’inizio, che neppure se la poteva prendere con il cornificatore di Buckingham Palace. Ecco perché i quadri di Freud vanno osservati attentamente e lentamente, senza cercare la scarica di adrenalina tipica dell’arte contemporanea, così da entrare nell’anima di quei soggetti e, attraverso di loro, nella nostra.

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